1815, nota del Cardinale allegata alla protesta

1815
Nota del Cardinale allegata alla Protesta
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sugli affari temporali della Santa Sede, con cui fu accompagnata la protesta Latina, indirizzata agli otto principali Ministri delle Otto Potenze che sottoscrissero il Trattato di Parigi dei 30 Maggio dell’Anno 1814 compito col Trattato di Vienna dei 9 Giugno 1815.
Il sottoscritto Cardinale Segretario di Stato di Sua Santità e Suo Ministro Plenipotenziario al Congresso di Vienna con Nota dei 23 Ottobre 1814 presentò le istanze del Santo Padre per ottenere la reintegrazione della Santa Sede nella totalità de’ Domini, de’ quali a differenti epoche, nel corso della Rivoluzione Francese era stata ingiustamente spogliata.
Il Santo Padre non fu animato a fare una tale richiesta da spirito di dominazione o d’interesse, avendo dimostrato che tali mire non sono la regola della sua condotta.
I solenni giuramenti prestati da Sua Santità alla occasione della sua esaltazione al supremo Pontificato, gl’impegni rigorosi che come Amministratore delle proprietà della Santa Sede contrasse di conservarle, di difenderle, di ricuperarle, i suoi doveri come Capo della Chiesa di Sovvenire ai bisogni della Religione e di far fronte alle spese necessarie al Servizio de’ Fedeli; finalmente la necessità di sostenere convenevolmente la rappresentanza della sua dignità, le imposero l’obbligo di reclamare la totalità de’ Dominj della Santa Sede Apostolica.
Le Potenze riunite al Congresso hanno accolto favorevolmente i reclami di Sua Santità e le tre Legazioni di Ravenna, Bologna e Ferrara (esclusa la porzione di questa ultima situata sulla riva sinistra del Po) non che le Marche con Camerino, Benevento, e PonteCorvo sono restituite al loro legittimo Sovrano.
Per organo del Sottoscritto il Santo Padre esprime la sua riconoscenza agli Augusti Sovrani con l’appoggio de’quali ha potuto rientrare in posseso di queste Provincie.
Nulla dimeno dopo aver soddisfatto a questo dovere il Santo Padre si trova, suo malgrado, nella necessità di manifestare i suoi sentimenti rapporto a quei Dominj della Santa Sede, ne’ quali non ha la soddisfazione di essere ristabilito.
La provincia di Avignone, il Contado Venesino, la porzione della Legazione di Ferrara menzionata poi anzi, restano separate dal Patrimonio della Santa Sede.
Se si farà attenzione alla natura de’ possedimenti della Chiesa, e se si rammenteranno le dichiarazioni di Sua Santità fatte per organo del sottoscritto al principio del Congresso, cioè di non potere aderire a qualunque diminuzione de’ Dominj della Santa Sede, s’intenderanno i motivi del passo, che si è nella necessità di fare.
Il Santo Padre mancherebbe a’ suoi doveri, se in questa occasione non garantisse con le sue proteste i diritti imprescrittibili della Sede Apostolica.
Avignone acquistato a titolo oneroso dalla Santa Sede, e posseduto per cinque secoli, il Contado Venesino acquistato, e posseduto da un epoca ancora più remota sono troppo interessanti per la stessa antichità del possesso, per le memorie, che presentano, per il numero degli abitanti, per la ricchezza de’ prodotti, perché la Santa Sede possa dispensarsi dal fare le sue proteste rapporto ad essi.
Quella stessa Assemblea Nazionale che dopo avere due volte decretata la inamissibilità della riunione di queste Province alla Francia, le rapì finalmente nel 1791 alla Santa Sede Apostolica, non osò privare la medesima di una si antica, e si leggittima proprietà, senza ordinare contemporaneamente che le si dasse un proporzionale compenso, ed ebbe perciò cura di fare inserire nel suo decreto le seguenti parole = Il Potere esecutivo sarà pregato di fare aprire de’ Negoziati con la Corte di Roma per le indennità, e i compensi che potranno esserle dovuti =.
I Monarchi di Europa ai quali il Pontefice Pio VI avanzò in tale occasione i suoi reclami non lasciarono di manifestargli sul proposito i loro sentimenti. L’immortale Caterina II dichiarò espressamente = d’essere disposta a contribuire, tosto che fosse possibile, alla restituzione de’ possedimenti di cui un potere illegittimo avea spogliata la Corte di Roma = Il saggio Imperatore Leopoldo II facendo conoscere a Pio VI le stesse disposizioni, si espresse = che Egli lo faceva perché nulla erasi di più giusto sulla terra, e perché era interesse di tutti i Sovrani che un simile attentato non ricevesse alcuna prescrizione = Il virtuoso Luigi XVI notificò allo stesso Pontefice = Che gli avrebbe restituito Avignone, e il fondo Venesino appena che lo potesse =.
La Convenzione di Tolentino estorta a Pio VI da un Governo che gli avea tolto questi Paesi in seguito di un aggregazione gratuita, non può in alcun modo somministrare un titolo a ritenere le dette Provincie alla Chiesa Romana.
In primo luogo è cosa dolorosa che la Santa Sede debba essere privata de’ suoi Domini per un motivo che non è stato punto valutato rispetto ad altri Principi egualmente forzati a fare de’ Trattati, e delle cessioni che una preponderanza, avanti la quale tutto cedeva. Ma la obbiezione del Trattato di Tolentino è per se stessa tanto inconsistente che non è d’uopo ricorrere ad argomenti estrinseci per eluderne la forza.
Non è neppure necessario produrre contro questo Trattato tutta la serie delle ragioni che potrebbero opporsegli. Le seguenti riflessioni basteranno solo a distruggere questa obiezione.
Un aggressione non provocata, e spogliata di tutto ciò che nel diritto delle Nazioni può rendere una querva legittima, un aggressione contro uno stato debole, ed innocente, che ha solamente proclamata la sua neutralità nella guerra, che agita altri Stati è fuori di ogni diritto umano, ed un trattato, che è la conseguenza di un aggressione di tal natura, è essenzialmente nullo ed invalido.
Ma, quando ancora contro la verità de’ principj addotti, si volesse ammettere le ipotesi della validità di un Trattato di tal fatta, egli è certo che in quello di Tolentino essendo stata stipolata la conservazione del resto degli Stati della Santa Sede in correspettività delle cessioni che le si estorcevano, ed avendo il Governo che vi era obbligato a tale conservazione, invaso poco dopo, senza causa legittima, tutto il resto degli Stati Pontifici, questo Trattato fu annullato, e risoluto da quel Governo che era stato insieme aggressore e violatore delle sue proprie stipolazioni.
La ipotesi che la infrazione di un Trattato non fa che sospendere gli effetti senza risolverlo, è decisamente contraria ai più inconcussi principj del diritto delle Genti. Grozio asserisce che gli Articoli di un Trattato hanno forza di condizione, la di cui mancanza lo rende nullo. Wattel, parlando dell’assioma che i Trattati contengono delle promesse perfette, e reciproche stabilisce che l’Alleato oltraggiato, o leso in ciò che costituisce l’oggetto del Trattato, può scegliere o di costringere il mancatore all’adempimento de’ suoi impegni, o di dichiarare il contratto risoluto per il pregiudizio arrecatogli, ed altrove dice, quando il Trattao di pace è violato da uno de’ contraenti, l’altro è in facoltà di dichiarare il trattato risoluto.
Questi principj hanno una forza ancora più grande, allorchè la violazione del Trattato da una delle parti contraenti è stata spinta fino alla distruzione dell’altra. In un caso limite, la parte distrutta non conserva alcuna obbligazione verso il suo distruttore, come questi non conserva alcun diritto sopra di essa. Wattel afferma = Quando uno Stato è distrutto, o soggiocato da un Conquistatore, tutti i suoi trattati periscono con la potenza pubblica che li aveva contratti =.
Dopo la sua distruzione la Sovranità temporale del Romano Pontefice risorse nel 1800 ma non per opera del Governo distruttore e senza che fosse stata con lui stipolata a questo oggeto alcuna nuova convenzione. In conseguenza restarono le cose nel medesimo stato in cui erano all’epoca della distruzione del Governo Pontificio, vale a dire, che il Trattato di Tolentino, già abolito dal Governo francese, continuò a rimanere estinto, e non può produrre alcun effetto.
Se anche fra i Governi legittimamente belligeranti, ancorchè uno di essi non sia stato distrutto, le convenzioni violate rimangono secondo le citate autorità estinte, e non soltanto sospese, fintantochè gli antichi trattati non siano ravvivati con de’ nuovi, qual nuovo trattato (considerando l’affare anche su quest’ultimo rapporto) esistè fra il Governo Francese, e Pio VI detronizzato da esso, e morto prigioniero in Francia? Qual nuovo trattato a questo oggetto esiste fra il Governo Francese e Pio VII? Niuno: E se fosse stato fra i medesimi conchiuso un nuovo trattato sarebbe quest’ultimo, e non quello di Tolentino, che avrebbe dovuto regolare in seguito i rapporti politici fra la Santa Sede e la Francia.
Il Santo Padre attualmente regnante, appena esaltato il supremo Pontificato, come molte volte in appresso non cessò di reclamare le Provincie tolte col Trattato di Tolentino e di protestare più liberamente di quello che avea potuto fare Pio VI non meno a motivo della nullità di quel Trattato, che a motivo della sua distruzione cagionata dallo stesso Governo Francese. Per tale modo i diritti della Santa Sede su questa Provincia rimasero sempre intatti, e preservati,, e né la Francia, né altri sotto i pretesi diritti della Francia potrebbero prevalersi di un titolo nullo per se stesso, o assolutamente distrutto.
La nullità o la distruzione di questo Trattato è stata riconosciuta dalle stesse Potenze Alleate. Allorchè nell’Art. 3 del Trattato di Parigi del 30 Maggio si stabilì di conservare alla Francia Avignone ed il Contado Venosino, lungi dall’allegare il Trattato di Tolentino, le Potenze Alleate giudicarono necessario di assicurare il possedimento alla Francia, come l’esprime il citato articolo, facendo da ciò conoscere che Elleno (?) non riguardavano il Trattato di Tolentino come bastevole a somministrare un fondato motivo alla incorporazione alla Francia di queste due provincie della Santa Sede.
Ma questo Trattato di Parigi fatto senz’alcun intervento della Santa Sede, non ha potuto pregiudicare a suoi diritti. Se il Santo Padre non potè senza dolore vedere disporre in tal modo di una porzione così considerabile della proprietà della Sede Apostolica, e se per mezzo del sottoscritto ne formò l’argomento delle sue rimostranze nelle Note presentate a Parigi, a Londra, a Vienna, tanto in particolare al Governo Francese, come ai Ministri delle Potenze Alleate, e al Congresso in generale, Sua Santità non lasciò di supporre (come lo dichiarò espressamente il sottoscritto nella sua ultima Nota del 23 Ottobre) che o la Francia non avrebbe ritenuto questi due paesi a danno del loro Sovrano legittimo, o che la Santa Sede ne sarebbe indennizzata con un compenso territoriale proporzionato al valore delle Provincie tolte, compenso, conviene ripeterlo, decretato da quella medesima Assemblea, che ne spogliò la Chiesa Romana.
Non avendo avuto luogo un tal compenso Sua Santità è in diritto di ottenerlo, o di essere reintegrata in possesso di questi antichi Dominj della Santa Sede. Finché ciò non succeda, i suoi più stretti doveri impongono al Santo Padre di preservare, sull’esempio de’ suoi Predecessori, i diritti della Santa Sede Apostolica su queste Provincie.
Le medesime ragioni si applicano alla porzione della Legazione Ferrarese situata sulla riva sinistra del Po, proprietà della Santa Sede da tanti secoli. Questa parte, non essendo rimessa sotto il suo dominio, non potrebbe essere esclusa dalla protesta. Ma la Religione e la pietà di Sua Maestà e le prove di benevolenza che Sua Santità ne ha ricevuto, assicurarono il Santo Padre che nella contiguità de’ due Stati, Sua Maestà troverà facilmente i mezzi d’indennizzare la Santa Sede.
Per virtù delle risoluzioni prese l’Austria avrà il diritto di guarnigione nelle piazze di Ferrara e di Comacchio restituite al dominio del Sommo Pontefice. Questa misura totalmente contraria alla libera ed indipendente Sovranità della Santa Sede, ed al suo sistema di neutralità, potendo esporla a delle ostilità portando pregiudizio a suoi diritti, ed intralciandone l’esercizio, il sottoscritto si vede obbligato di protestare formalmente ancora su questo articolo.
Il sottoscritto si lusinga che le sue giuste proteste, fatte a nome del Santo Padre, per garantire i diritti della Santa Sede Apostolica, produrranno il bramato effetto relativamente alle restituzioni, o compensi, ed alle disposizioni sulle Guarnigioni di Ferrara e di Comacchio, di cui si tratta in questa Nota.
Intanto, però, il Cardinale sottoscritto, conformandosi agli ordini di Sua Santità, ed all’esempio de’ Legati della Santa Sede inviati a diversi Congressi, e specialmente del Vescovo di Nardò Fabio Chigi al Congresso di Westfalia, ha l’onore di rimettere a Sua Eccellenza il Sig. (manca il nome) la protesta qui unita, relativa alle determinazioni del Congresso sugl’interessi temporali della Santa Sede, pregando che venga inserita nel Protocollo.
Il sottoscritto C.
Vienna 14 Giugno 1815
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Tale documento l’ho trovato nell’Archivio Segreto del Vaticano, ma non perchè sia stato segretato, bensì perchè una parte dei faldoni, riguardanti il Consalvi, furono trasferiti dopo la sua morte, dall’Archivio di Propaganda Fide all’Archivio Segreto del Vaticano. Molto probabilmente per essere consultati. Da allora si trovano ancora lì.
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Si tratta dei faldoni n.20, 21, 22, 23 e 24. In uno di essi ho torvato la suddetta “protesta” del Consalvi, con relativa “nota”.
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Nel 1847 e nel 1864 una pubblicazione inglese (Correspondence respected the Affairs of Italy – 1846/1847), ed un articolo pubblicato a Trento sull’ECO DELLE ALPI RETICHE, fanno riferimento ai documenti dal sottoscritto pubblicati integralmente in questo sito.
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Cliccare su: 1847 – 1864
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