Il Card. Ercole Brunacci Consalvi e … Mentana

Per caso ho scoperto che uno storico dello Stato Pontificio, Giuseppe Marocco, aveva presentato un suo progetto proprio al Card. Ercole Brunacci Consalvi.
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Il progetto presentato dal Marocco al Cardinale era molto ambizioso. Egli si proponeva di viaggiare nello Stato Pontificio alla ricerca di leggende, documenti, lapidi ed epigrafi di ogni paese.
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Il Cardinale finanziò questo progetto ed il Marocco riuscì a portarlo a termine, ma solo 12 anni dopo, per cui il Cardinale non vide mai l’opera compiuta, essendo egli venuto a mancare nel 1824, mentre il Primo Tomo fu pubblicato nel 1833, 9 anni dopo la sua morte.
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Nel Tomo VII, stampato nel 1835, a pag. 83/84 Giuseppe Marocco così ci descrive il Consalvi: "Card. Ercole Consalvi, veramente degno del nome di Ercole perchè vero sostegno della chiesa, forte nelle avverse vicende, gioiello di Pio VII, e, se con vera critica ed imparzialità si esamina, fu il campione dello stato pontificio. L’occhio del card. Consalvi era come quello di Lince, il cuore l’ebbe magnanimo, e nelle sue cariche, grandi avvanzò i passi, come grande avea la mente, nella diplomazia fu singolare, e visse caro ai primi sovrani del mondo. L’usar atti pietosi in lui era piacere, il sacrificarsi a lunghissime udienze era desiderio, il provvedere agli altrui lamenti lo vedeva di sollecita giustizia. Ei si rese modello agli altri, nella pietà che esser dovrebbe la guida dei ricchi, anzi egli avea per detto “pietà usiamo ai miseri, e pietà avremo”. Nell’annunziare questo cardinale nella serie degli abati commendatari di Grotta Ferrata, mi è piaciuto di fargli quest’encomio, che non potrà dispiacere a chi stima la scienza e la virtù, dovendo desiderar ciascuno che le lodi dei trapassati servino di specchio ai presenti!"
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Naturalmente, nel Tomo I, a pag. 7, il Marocco gli aveva dedicato l’opera stessa:
"CORTESE LETTORE … per quanto più potei esattamente, cercai di rendermi utile in proposito alla Società ed alle lettere, e fu mio scopo di erudir anche me stesso, e per questo motivo a’ viaggi disastrosi per dodici anni mi accinsi non risparmiandomi in verun tempo, e la protezione di alcuni dotti porporati fra i quali il gran Consalvi mi diede lena e coraggio. Non ti dico del magnanimo Pio VII che mi fu assaissimo propizio."
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Di questa sua grande opera, che gli costò 12 anni della sua vita, ne riporto qui di seguito solo la parte riguardante la città dove io sono nato e dove io tutt’ora vivo: Mentana, l’antica città sabina di "Nomento", poi latina di "Nomentum".
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MONUMENTI DELLO STATO PONTIFICIO
E RELAZIONE TOPOGRAFICA DI OGNI PAESE
SABINA E SUE MEMORIE
TOMO I
OPERA DI GIUSEPPE MAROCCO
1833

Pag. 11
LA SABINA
"Una delle più illustri popolazioni della nobile e colta Italia … è stata certamente la Sabina, da Strabone “Sabinia”, e da Cicerone “Sabinus Ager”.
Non vi è storico erudito, né geografo diligente, che di questa provincia non parli, e delle sue conspicue città, delle quali or non veggiamo che miseri avanzi, ed in alcun luogo scarse reliquie e rottami, che dimostrano pur troppo la di lei deperita grandezza, e tutto ciò per le ingiurie del tempo, e per le vicende della guerra.
L’origine del suo nome Silio Italico, celebre poeta spagnolo di stirpe, la trae da SABO … Catone ed Aulo Gellio pretendono che da Sabo, capitano lacedemone, abbiano i Sabini preso il nome loro
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Pag. 160
MENTANA o LAMENTANA
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Nec vos Numentana ruris servanda silebo
Nobilibus tecta, inter quos Crescentius Heros
Cum generosis aequabit temporibus aevum
Quorum non obscura procul comparet immago.
Sabin.
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Dalla distrutta nobilissima Nomento, per corruzione di lingua così appellasi il borgo di Mentana, che sta poco lungi all’Aniene, e men di una lega al S. E. da Monterotondo, per cui si passa con legni e vetture, abbenché abbia il pedestre la via Salaria, che deve poi lasciarsi in poca distanza da Mentana istessa per cammino ove i carri non passano.
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Addita questo luogo le rovine di quella antichissima città celebrata perennemente e da storici e da poeti, e dove spesso si disotterrano magnifiche cose, che onorano le lettere, e che ricordano la grandezza delle sue famiglie.
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Vi sono ancora residui delle salutifere acque lebane, che vengono oggidì denominate li bagni di Grotta Marozza.
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Intorno alla sua esistenza, che fu assai prima di Roma, ne diedimo bastevol cenno nel proemio della Sabina provincia, perocché furono descritte le politiche vicende, il guerriero valore, e le delizie campestri, che vi eran d’intorno, ed i più distinti personaggi.
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I suoi abitanti magnanimi vennero chiamati da Livio prisci latini, che furono severi, e bellicosi, poi come sabini vennero considerati la di cui città confinava con ficulea vetus, ne era distante da Fidene, e da Antenne, e che soggiogò Tarquinio perchè alzava il capo a Roma.
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Il suo popolo conforme attesta il medesimo Livio fu dalla romana republica privilegiato della cittadinanza l’anno di Roma 616, essendo consoli L. Furio Camillo, e Cajo Meuro.
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Nei tempi floridi del romano impero ebbe una nobile civile amministrazione, e ben la meritava per la propria splendidezza.
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Virgilio la distinse col nome di Urbs di essere municipio illustre, ed al pari delle più conspicue città d’Italia.
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Sono queste le Virgiliane espressioni:
Hi tibi Nomentum et Gabios urbemque Fidenam
Hi collatinas imponent montibus arce
ed altrove:
Qui Nomentum urbem et rosea rura Velini ec.
ed Ovidio:
Hac tibi Nomentum Romam cum luce redirem
Obstitit in media candida turba viae.
L’elegante Properzio onor dell’Umbria:
Nec dum altra t.jberim bellisonus: ultima praeda
Nomentum, et raptae jugera trita Corae.
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Il dottissimo archeologo Girolamo Amati, i di cui giorni sono preziosi ci fa osservare nella illustrazione di una lapide nomentana, che ebbe un edile per supremo magistrato suo cittadino, e del primo ordine, dittatore insieme, e questore degli alimenti, ossia Questore frumentario, o magistrato speciale, che dirigeva le provviste annonarie, ed erano queste cariche riunite nella persona di Decimo Valerio Proculo, che unitamente alla moglie Valeria Fortunata, ed alla figlia Valeria Procula eresse un’ara pregevolissima ad Iside, ed a Serapide.
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La dignità di Dittatore municipale, dice il sudetto antiquario, che ben combinava coll’uffìcio di edile, e la chiama tremenda e più che reale a tempi della republica sul sorgere che fecero i grandi monarchi Pompeo e Giulio Cesare, e poscia sotto gli imperatori addivenuta un onorificenza per la religione, e per sostenere il decoro delle cose sacre nel municipio, talchè gli stessi imperadori, ed i Cesari ambivano di averne il titolo: soggiunge che la carica di Questore frumentario venne stabilita dal governo di Roma fino dalla sua origine, poichè umanissime a vantaggio dei poveri si volevano le prime istituzioni.
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Oltre di che sì conosce che ad Iside, Onmiparens dea, Frugifera dea (1), ed al Nume egiziano Serapide prestavano culto, ed onori divini i nomentani, che come gli altri sabini venerar doveano la dea Vacuna, sapendosi eziandio che una delle loro prime divinità fosse anche Morionima del Nilo,
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(1) Cominciò ad adorarsi in Roma poco prima del secolo di Augusto, e i suoi riti, e feste celebravansi a suono di sistro secondo l’uso egiziano. Viene maggiormente comprovato il culto d’Iside in Nomento dall’iscrizione del suo sacerdote Merulano Fedro, accennato nel proemio.
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conforme provò l’eruditissimo abate Loreto Santucci, che ebbe in Mentana la cuna, e al di cui patrio zelo, e somma coltura ne buoni studj debbono saper grado i letterati italiani, tuttor vivendo alla quiete di una musa feconda, ed alle più rigide ricerche del bello, oltre i pregi, che lo fanno risaltare nella urbanità, nella civile educazione, e nella amicizia soave di chi lo avvicina.
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Da un’altra lapida riferita dall’illustre Marini Arvali pag. 614 si rileva che pure la dea Stata era nella stessa Nomento venerata creduta una Vesta propria (come dice l’Amati) delle citta, dei vici, e delle vaste borgate de’ sabini, dai quali fu poi in Roma trapiantata.
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Ivi furono trovate memorie di Gneo Munezio entrato per addozione nella gente Aurelia, alcune delle genti Claudia, Appuleja, Herennia, de Lolliani derivanti dalla stirpe Lollia, e di altre, che con peregrina erudizione, e con vastissimi commenti vennero sposte nel giornale arcadico dal su lodato sig. Girolamo Amati, e sig. cav. Luigi Biondi, dei quali è nota la eloquenza ed essendosi alzata fama qual aquila credo di non difondermi.
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Seguitando a dire però di Nomento non abbiamo che a compiangere la barbarie degli andati secoli, la rusticana avidità , che tante cose ha mal menate , e frante, l’indiferenza colpevole degli antenati che ha lasciato perire i più insigni monumenti, che ora accrescerebbero la gloria de’ nomentani, e il decoro della scienza archeologica.
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Merita particolar menzione il cemeterio, che ivi fabbricò la pia donna Severina per dare sepoltura onorevole alle spoglie dei martiri venerandi, e ye l’ebbero il pontefice Alessandro co’ suoi compagni Eugenio e Teodolo.
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Fiorirono in Nomento i santi Primo, e Feliciano martirizzati sotto l’impero de’ scellerati Diocleziano e Massimiano.
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Fu cittadino nomentano il console Crescenzio, del quale diedimo contezza sufficiente nel preliminare discorso della Sabina.
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Nomento sostenne sempre la propria gloria, e su tutti gli altri paesi sabini segnalar si volle: devotamente raccolse tutte le cose sacre delle vicine città di Fidene e di Curi, come attestano le istorie.
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Lo signoreggiarono gli Orsini per lungo tempo, essendovi un ospedale eretto nel 1550 dal duca D. Camillo Orsini, di poi li Peretti, ed ora ne ha dominio la casa Borghese.
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La chiesa parrocchiale è intitolata a Maria ss.ma della Pietà, la di cui immagine venne ornata dal rev.mo capitolo vaticano della corona d’oro, e dopo ottennero que’ popolani divoti il corpo del pontefice s. Felice l.
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Nomento fu antica sede vescovile, siccome lo fu Curi, e l’Ugbelli riporta la serie de’ suoi pastori.
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Dista da Roma miglia 7, e somma la popolazione di 480 individui."