1801, incontro-scontro con Napoleone

1801
incontro-scontro
Ma riprendiamo il filo del racconto, ripartendo dalle Leggi Organiche.
Napoleone, avendo perso lo scontro diretto con il Cardinale sui contenuti giuridici del Concordato, per non perdere la faccia, rimedia con l’emissione di leggi che fa pubblicare con la stessa data del Concordato, così da trarre in inganno i lettori.
Si trattò di una “furbata” di Napoleone per non ammettere la sua sconfitta ad opera del Cardinale. Sconfitta che, però, egli si legò al dito, vendicandosi abbondantemente, come vedremo, in seguito.
Vediamo intanto come si lasciano i due:
E così terminò quella burrascosa udienza, in cui (notai) dopo la sottoscrizione del Concordato egli parlò di nominare alcuni dei Costituzionali, che prima aveva detto cento volte, che abbandonava intieramente. (parla dei preti governativi, come oggi in Cina).
Nei 3 o 4 soli giorni che io rimasi in Parigi non ebbi più altra udienza in particolare, e lo rividi solamente nel giorno innanzi alla mia partenza alla occasione della Parata (era il 24 luglio del 1801), a cui intervenni con il Corpo Diplomatico, secondo l’uso.
Io contavo dirgli qualche parola, congedandomi di nuovo nell’istante quasi del mio partire, giacché avevo quella occasione di rivederlo; ma quando egli entrò nella sala e incominciò il solito suo giro, secondo il solito, dal Corpo anzidetto, di cui ero io alla testa (avendo il primo posto), guardandomi fisso in volto non si fermò a dirmi neanche una parola, nè per commettermi di riverire in suo nome il Papa, nè per usare a me alcuna gentilezza.
E mostrando una noncuranza, diretta forse a far vedere al pubblico quanta indifferenza era in lui per un Cardinale e per la S. Sede (dopo che il suo affare era fatto), si trattenne a lungo, forse a bella posta a parlare di cose indifferentissime col Conte di Cobenzel, che dopo me era il primo, e quindi anche con altri successivamente.
Disceso poi alla Parata, io non lo aspettai al suo ritorno nell’appartamento, come secondo 1’uso lo aspettavano gli altri, ma immediatamente me ne partii.”
Che caratterini! Un bello scontro tra due Grandi Personaggi! Uno scontro che si ripeterà in seguito, come vedremo, per più volte. In pratica ogni volta che si incontravano.
Finché Napoleone pretese ed ottenne da Pio VII le dimissioni del Cardinale da Segretario di Stato, il quale, a sua volta, per ritorsione non volle riconoscere il divorzio di Napoleone da Giuseppina.
In verità il Cardinale non riuscì a partire. Infatti, “quasi al momento di montare in legno”, ovvero quando stava per salire sulla carrozza, il Cardinale fu raggiunto di nuovo dall’Abate Bernier con un altro messaggio di Napoleone.
Come vediamo, Napoleone aveva un chiaro progetto ed andava avanti per la sua strada senza rispetto per nessuno, tantomeno del Cardinale. Egli voleva che fosse fatta subito, di comune accordo, la Bolla papale che avrebbe dovuto accompagnare il Concordato, una volta ratificato dalla Santa Sede.
Al Cardinale fu vano protestare che la stesura della Bolla non fosse di sua competenza. Oltretutto gli era perfettamente chiaro che si trattava di un altro “trucco” del Primo Console per inserirvi o togliere quanto il Cardinale era riuscito a modificare.
Vidi nel fatto quale oggetto si era proposto il Governo, quello cioè di sorprendermi nella fretta e di procurare che nemmeno nella Bolla si inserissero quelle cose che poco gli piacevano.
Poco però riesci nel suo intento: alla eccezione di qualche cosa, di cui toccai con mano 1a ragionevolezza nella situazione in cui erano le cose nella Francia, mi tenni saldo nel sostenere che certe cose, che il Governo non avrebbe voluto, si inserissero nella Bolla e così ne fu fatta la redazione.
Poco però riesci nel suo intento; , mi tenni saldo Non poteva essere altrimenti! Ormai conosciamo il carattere del Cardinale. Continuo a chiedermi: ma chi glielo faceva fare?
Così, dopo altre 8 ore, come lui afferma, di lavoro sul testo della Bolla papale, finalmente sale sulla carrozza e parte per Roma, pensando infine di essersi liberato delle continue pressioni di Napoleone ma, credendo di essersi liberato soprattutto di lui. Insomma non ne poteva proprio più.
Pensava! Invece così non fu! Persino il viaggio di ritorno a Roma divenne per lui un incubo. Era il 23 o 27 luglio del 1801 quando ripartì da Parigi e, ad ogni tappa incominciò ad essere raggiunto da corrieri a cavallo inviati da Napoleone, i quali lo invitavano a riprendere subito il viaggio ed a “non fermarsi a riposarsi” fino a Roma. Un viaggio in carrozza Parigi-Roma a quei tempi non era certamente divertente.
Senza prendere dunque altro riposo che in Lione, Milano e Parma, giunsi rapidamente a Firenze, dove contavo riprenderlo e trattenermi due giorni, anche per fare una attenzione al Generale in Capo Murat e al Ministro Cacault, che ivi mi attendevano con la più grande ansietà.
Ecco che incontriamo a Firenze di nuovo il Cacault e Carolina tornati nel frattempo da Venezia.
Ma non erano passate poche ore dal mio arrivo a Firenze, che un corriere Francese mi ci raggiunse, recandomi nuove urgentissime pressioni (notisi anche questo) per andare di volo a Roma.
Convenne rinunziare al riposo, che mi ero ripromesso in Firenze, e, rimessomi in legno; senza dimora, andai di volo a Roma, dove, lo dirò senza esagerare, quasi più morto che vivo, oppressissimo dalla fatica e dal sonno e con le gambe tanto gonfie da più non potere stare in piedi (e così fu del mio povero fratello e dei miei due familiari) giunsi ai 6 di agosto, giorno che compiva appunto i due mesi dall’epoca dei 6 giugno, in cui m’ero partito.
giunsi ai 6 di agosto“ (13 giorni da Parigi a Roma!) “e così fu del mio povero fratello e dei miei due familiari” Qui ritroviamo il fratello Andrea che il Cardinale terrà sempre presso di sé come persona di fiducia ed i due famigli, Luelli e Rotondi.
Tralasciamo la ratifica del Concordato e tutti gli altri problemi che ricalcano quanto finora raccontato. Importante, ritengo, è il mettere in risalto che di fatto il Concordato del 1801 non ebbe quell’importanza che fino ad oggi gli si è voluto dare.
Ce lo dice, motivandolo chiaramente, lo stesso Cardinale:
Il Concordato fu sottoscritto ai 15 di luglio di quell’anno 1801 ed io, partito da Parigi verso i 22 o 23, tornai rapidissimamente a Roma, dove giunsi ai 6 di agosto, dopo una assenza di due mesi giusti. Il motivo di fare il viaggio sì rapido fu la somma fretta che ebbe il Governo Francese di avere la ratifica del Papa, per publicare al momento il Concordato, che non publicò poi se non quasi un anno dopo con la fatale aggiunta di quelle Leggi Organiche, che, fatte in tale successivo anno, si volle far credere, per imporre al publico, essere state fatte contemporanee al Concordato, marcandole con la data del Concordato stesso, e che lo distrussero nell’atto stesso che se ne faceva la publicazione.
Più chiaro di così! Questa sì che è STORIA!
Naturalmente, il Cardinale non può non informarne lo zio Girolamo. Il 15 agosto gli da la notizia in anteprima: “Dimani si spedisce il Corriere a Parigi con la ratifica”.
Concludendo così sulle fatiche:
Il mio viaggio è stato felice, a riserva di avermi gonfiate le gambe, ma ne sto meglio.
La fatica è grande, e le cure, e pensieri. Si reggerà finché si potrà, e Dio vorrà”.
Grazie a queste lettere indirizzate allo zio, abbiamo altre piccole interessanti informazioni:
Il 18 novembre seguente scrive che “il Papa prese possesso il 24. La forma fu povera ma decente. Il tempo bello, il concorso grande, le dimostrazioni di amore non equivoche, malgrado le calamità dei tempi”.
Il 31 dicembre, in occasione degli auguri di Capo d’anno, ci informa che “Mons. Spina è in viaggio col Corpo di Pio VI”.