1809, il Cardinale viene deportato in Francia

10 dicembre 1809
Anche il Cardinale viene deportato in Francia
Giunge il fatidico giorno in cui anche il Cardinale deve sottostare all’esilio.
Il 10 dicembre 1809 il nostro Cardinale, insieme al Cardinale Di Pietro, viene inviato in Francia, a Parigi.
La motivazione? Precedentemente, il 10 giugno 1809 egli si era dimesso da Prefetto della Segnatura e dalla Soprintendenza del S. Michele a Ripa per non ubbidire al nuovo Governo. Ragion per cui fu deportato!
Giunse il 21 di novembre, in cui mi vidi giungere una lettera del Ministro dei Culti di Parigi, nella quale in nome dell’Imperadore mi si ordinava di condurmi a Parigi e mi si assegnava la pensione di 30 mila franchi annui come a tutti gli altri Cardinali francesi poichè Roma era divenuta Francia.
Una simile lettera era venuta qualche tempo prima ad alcuni di quei pochi, che si trovavano con me in Roma. La loro risposta era stata dilatoria, appoggiata a motivi di salute. Io non pensai che mi convenisse fare altrettanto e non lo pensò nemmeno l’altro Cardinale, che ebbe la stessa lettera nello stesso giorno, che fu il Card. di Pietro.
Amendue rispondemmo che, quanto alla partenza per Parigi, i nostri doveri non ci permettevano di lasciare Roma, che era la nostra residenza senza il permesso del Papa, a cui perciò ne avressimo scritto immediatamente, e quanto alla pensione che gli ordini del Papa ci impedivano dall’accettarla benchè ce ne protestassimo riconoscenti.
Questa risposta feriva vivamente 1’Imperadore, il quale, risguardandosi come nostro Sovrano, esigeva di essere immediatamente ubbidito e molto meno soffriva dal suo carattere personale che la esecuzione dei suoi ordini si facesse dipendere dai voleri altrui, cioè del Papa.
Il Generale in capo, che aveva ricevuto la lettera della nostra chiamata e che, per mezzo del comandante della giandarmeria ce l’aveva fatta trasmettere, interessandosi per me per le ragioni dette di sopra, fu doloratissimo di tal mia risposta e non vi fu assalto che io non dovessi sostenere per di lui parte perché mi arrendessi alla chiamata, o almeno perché, pretestando la salute o altro motivo, cambiassi quella risposta, che per più giorni egli ebbe l’interesse di trattenere, per risparmiarmi le terribili conseguenze, come egli diceva, a cui quella risposta mi esponeva.
Io tenni fermo e non partii e non cambiai la lettera, ch’egli alla fine dovè inviare, e scrissi al Papa (e così l’altro Cardinale) partecipandogli il rifiuto della pensione e dimandandogli i suoi ordini sulla chiamata a Parigi.
Passati alcuni giorni, cioè dai 21 novembre fino alli 8 di decembre, io ricevei per mezzo del comandante della giandarmeria, improvisamente (e così il Cardinal di Pietro) un ordine espressso di partire per Parigi nelle 24 ore. Io risposi che, non avendo ancora ricevuto la risposta del Papa, io ero nella impossibilità di farlo. La stessa risposta diede l’altro Cardinale.
Appena spirate le 24 ore, nelle prime ore della notte del dì 9 giunse alla mia casa la forza armata francese, il di cui capo mi intimò la partenza in quella stessa notte, con essere accompagnato dalla forza, e così si fece con l’altro Cardinale.
Cedendo alla forza, mi allestii alla partenza, ed essendo rimasta la forza militare in tutta la notte nella mia casa, dividendomi dalli amici, che vennero a dirmi addio con molte lagrime, e dai domestici, due ore innanzi all’aurora del dì 10 Xbre di quell’anno 1809, accompagnato dalla forza armata, partii da Roma.
Nell’escire dalla mia casa, trovai alla porta la carrozza in cui era l’anzidetto Cardinale, a cui era avvenuta la stessa cosa, che a me, e così ebbi la inaspettata e insperata consolazione di fare il viaggio con il maggiore amico che io avessi fra i miei colleghi.
La forza armata ci lasciò dopo varie leghe di camino e noi proseguimmo il viaggio, autorizzati dall’ordine dato dal Papa qualche tempo prima ad alcuni altri Cardinali partiti con la forza, cioè che se la forza li lasciasse per la strada, potessero proseguire, bastando che si vedesse che non avevano lasciato volontariamente Roma.”
Il Cardinale ed il suo collega Di Pietro, ubbidendo all’ordine dell’Imperatore, si avviano verso Parigicon calma, anzi, come ci racconta lui stesso, con … molta calma niente interessandoci per arrivar presto.
Uno strano modo di venir deportati!
Il nostro viaggio non essendo in posta, fu assai lungo, benchè non ci fermassimo che un giorno in Bologna e due in Lione, perché andavamo a piccole giornate, niente interessandoci per arrivar presto, anzi avevamo desiderato che quel viaggio fosse eterno nella previsione di ciò che ci accaderebbe in Parigi, volendo esser fedeli ai nostri doveri.
Non passammo per Firenze, ma per il Furlo e non per il Borbonese, ma per la Borgogna. Dopo 42 giorni di viaggio, giungemmo a Parigi ai 20 di gennajo del 1810, dove ci dividemmo, essendo egli andato ad albergare nella Casa degli Irlandesi ed io in una locanda a la rue de Lille.”