1809, lo Stato Pontificio cessa di esistere

10 Giugno 1809
ASSALTO AL QUIRINALE
LO STATO PONTIFICIO CESSA DI ESISTERE
Pio VII non stette con le mani in mano ed aveva fatto affiggere una Bolla di scomunica nei confronti dell’Imperatore, il quale, in quel momento, si trovava a Schoenbrunn.
La reazione alla scomunica fu dirompente e rapida. Murat, Miollis e Radet misero subito in pratica gli ordini di Napoleone ed il 10 giugno 1809 fu ammainata dal Quirinale la bandiera pontificia ed issato il tricolore francese.
Vidi accadere finalmente nel dì 10 giugno del 1809 questo finale rovescio e dichiarata la cessazione della Sovranità Pontificia e la unione all’Impero Francese dei Stati della Chiesa.
Vidi finalmente, dopo un blocco di più mesi del Palazzo Pontificio, che traeva il pianto dagli occhi di tutti i buoni, assalire nel corso della notte il Quirinale (dico vidi, non perché io vedessi ciò coi miei occhi, ma perché fui uno dei pochi Cardinali che si trovarono allora in Roma e potei saperne da testimonii oculari tutti i dettagli, che non sono però materia di questo scritto),
vidi, ripeto, assalire nel corso della notte il Quirinale, dando da più parti la scalata alle mura come ad un castello preso d’assalto, entrarvi armati e soldati e birri e sgherri e facinorosi e galeotti e sudditi ribelli, gittarne a terra le interne porte, sorprendere il Papa nel letto, da cui ebbe appena il tempo di alzarsi.”
Troviamo la conferma nell’Artaud, il quale, grazie alle memorie dello stesso Radet e del Pacca, riesce a descrivere minuziosamente l’avvenimento. Ne prendo qua e là alcuni spezzoni:
Miollis avea fatto chiamare il Generale Radet nel 4 di luglio (1809) a cui avea dichiarato che aveva già esauriti tutti i mezzi di rigore affine di ristabilire la calma e che altro non gli rimaneva se non che allontanar da Roma il Papa.
Nella notte arrivò un battaglione di reclute napolitane spedite da Re Gioacchino. Questo corpo contava 800 uomini.
Nella notte del 5 o 6 luglio alcuni Romani, fra’ malcontenti, noti per la sua avversione al Governo Pontificio, sono stati radunati. La guida principale nominavasi Francesco Bossola, vecchio facchino inserviente al palazzo, che n’era stato scacciato per delitto di ladroneggio.
Il dì di 5 luglio Radet prese le necessarie disposizioni materiali, mentre il Governatore-generale (Miollis), per tenere a freno i Trasteverini, faceva occupare i ponti del Tevere ed il Castello Sant’Angelo dal battaglione napoletano.”
Il Cardinale Pacca conferma nelle sue memorie: “All’apparire dell’aurora, la sbirraglia, la gendarmeria ed alcuni sudditi ribelli, noti per la loro avversione al Governo Pontificio, diedero la scalata al Palazzo.”
L’Artaud così continua:
Mentre un drappello di 30 uomini scalava le mura del giardino, un altro di 25 uomini guardava la porta dietro alla strada che discende al lavatoio. Il Colonnello Siry con 50 uomini saliva per la finestra d’una camera non abitata. Dal canto suo Radet, alla testa di 40 uomini, cercava di salire sul tetto della Dataria della Torre, ma il colonnello Siry, che era penetrato nel cortile, fece aprire il portone.
Radet vi penetrò e montò d’appartamento in appartamento sino all’anticamera della sala del trono. Egli trovò la guardia svizzera di sua Santità, composta di 40 uomini. Fatte entrare le sue truppe, intimò alla guardia svizzera di posare le armi. Essa non fece veruna resistenza, tali essendo gli ordini che aveva ricevuti.
Radet s’inoltra e scorge una camera illuminata con varie persone in piedi: il Papa circondato dalla sua Corte.”
Il Cardinale continua a raccontarci che Radet, giunto al cospetto del Papa, gli propose “l’adesione alle disposizioni dell’Imperadore, o l’immediata partenza”, e che poi, avutone una risposta negativa, fu portato via in unione del solo suo Card. "Pro-Segretario" di Stato e trasferito a Savona.
Il Cardinale dice esattamente: “Pro-Segretario di Stato”. Un titolo che sembra buttato lì per caso dal Cardinale quasi non avesse alcun significato. Ma non è così!
Egli con quel “Pro-Segretario” ci tiene ad evidenziare che il Segretario di Stato effettivo era lui, mentre chi lo sostituiva, aspettando tempi migliori per la sua reintegrazione, era appunto soltanto un Pro-Segretario. Questa era la formula trovata da Pio VII e dal Cardinale stesso.
Dal giorno in cui Napoleone aveva preteso le sue dimissioni, di Pro-Segretario di Stato ve ne erano stati almeno quattro: il Card. Casoni (ammalatosi), il Card. Giuseppe Doria (deportato), il Card. Gabrielli (anche lui arrestato) ed infine il Card. Bartolomeo Pacca (deportato insieme al Papa e trasferito a Fenestrelle).
Il Cardinale ci fa notare che Napoleone, chissà perché, provò in seguito a scusarsi dell’ordine dato da Miollis al Radet di trasferire il Papa:
… dicendo Napoleone che il Gen. Miollis l’aveva fatto senza suo ordine, benchè a cosa fatta, le ragioni politiche vietassero a lui di rimetterlo nella sua Sede, e scusava il fatto della detenzione, dicendo che il Papa in Savona era liberissimo e non era altrimenti in una carcere.”
Ma sentiamo cosa ci racconta lo stesso Radet nelle sue memorie:
Si metta ogni altro al mio posto. Nessun ordine aveva io allora d’impadronirmi della persona del Papa. Io non aveva preveduto un tale avvenimento, né trovava la maniera d’uscirne. Che fare?
Molto imbarazzato nel partito da prendere, inviai in grande fretta il Maresciallo Gardini ad annunziare al Governatore ch’io stava già alla presenza del Papa e che non mi era stato possibile di giugnere sino al Cardinale Pacca, il quale non era da me punto conosciuto.
Feci entrare un picciol numero di uffiziali unitamente ai sotto-uffiziali di gendarmeria. Questi entrarono colla maggiore decenza, col cappello in mano, inchinandosi innanzi al Papa.
Allorchè arrivò il Maresciallo Gardini, il quale segretamente comunicommi l’ordine di arrestare il Papa unitamente al Cardinale Pacca e di condurli ambedue subito fuori di Roma.
Per quanto severo mi sembrasse un tal ordine, io dovetti obbedire.
Non mi sembra che il Radet sia molto credibile! Buffo è il racconto dei soldati che, con il cappello in mano ed inchinandosi davanti al Papa, lo arrestano e lo portano via!
Ma vediamo se il Pacca conferma questa versione del Radet.
Coricato appena, viene il mio cameriere ad annunziarmi che i Francesi sono dentro il Palazzo. Corro alle finestre e vedo molta gente armata, con fiaccole accese, scorrere pel giardino cercando le porte per introdursi negli appartamenti e di mano a mano scendere dal muro, ove erano appoggiate le scale, altre persone armate.
Contemporaneamente, altra truppa salì col mezzo delle scale ad alcune finestre e sfasciatele a colpi d’accetta entrarono dentro ed andarono ad aprire il portone che è sulla piazza.
Il Papa si alzò con grande serenità di spirito, e, vestito in mozzetta e stola, venne nella camera ove solea dare udienza. Ivi ci radunammo il Cardinale Despuig ed io, qualche prelato ed alcuni officiali e scrittori della Segreteria di Stato.
Intanto gli assalitori, a colpi d’accetta, gettarono a terra tutte le porte dell’appartamento e giunsero fino a quella camera in cui eravamo col Santo padre, che fece aprire per evitare disordini maggiori.
Aperta la porta, entrò pel primo il Generale Radet, seguito da alcuni officiali francesi e da due o tre ribelli romani.
Per alcuni minuti vi fu un perfetto silenzio. Finalmente il generale Radet disse al Papa, con voce tremante e quasi penando nel trovare le parole, che per parte dell’Imperatore doveva intimargli di rinunziare alla Sovranità Temporale di Roma e dello Stato, e che, non prestandosi a ciò, aveva ordine di condurlo dal generale Miollis, il quale gli avrebbe indicato il luogo della sua destinazione.
Invece di prendere la strada verso il Palazzo Doria (dove si trovava il Governatore Miollis), continua il Pacca, la carrozza prese la direzione di Porta Pia, deviò verso Porta Salaria e, fuori di questa, fece il giro delle mura fino alla Porta del Popolo, ch’era chiusa come tutte le altre della città.
Il Generale Radet andava dando degli ordini ai brigadieri con un’aria trionfante, come se avesse riportato una grande vittoria.
Il Papa, dolcemente, rimproverò il Generale Radet della menzogna dettagli che doveva condurlo dal Generale Miollis e gli fece lagnanza sul modo violento con cui lo facevano partire da Roma senza seguito, sprovvisto di tutto e coi soliti abiti che aveva indosso.
Per farla breve con il Radet, l’Artaud ci fa sapere che 5 anni più tardi, al momento che l’Imperatore si trovava all’Isola d’Elba, il Radet lo contattò personalmente per portare una supplica al Papa. Supplica che fu respinta dal Cardinale Pacca.
Da come ci racconta l’episodio, sembra che lo stesso Artaud ne fu abbastanza seccato.
Prima di lasciar Parigi, ricevetti una visita veramente singolare, e fu del luogo-tenente generale Radet, il quale veniva a pregarmi di sollecitare, appresso il Papa, la permissione di tornare a Roma. Nessuna domanda potè essere più impreveduta di questa!”