La guerra di CANDIA (Creta)

Leggiamo nella biografia di Gaudenzio che "il Senato veneto gli conferì l’incarico di scrivere la storia della guerra turco-veneziana per Creta, assegnandogli uno stipendio mensile. Il lavoro rimase però interrotto per la prematura morte del Brunacci."
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Infatti Gaudenzio morì il 30 agosto 1669 a soli 38 anni.
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Oggi, grazie a Wikipedia, posso inserire qui di seguito l’oggetto su cui Gaudenzio doveva scrivere per conto del Senato Veneto.
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Guerra di Candia

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

 

Guerra di Candia (1645-1669)

Candia.jpg


Data 16451669
Luogo Creta, Dalmazia, Mar Egeo
Casus belli Rifornimento di una squadra maltese di ritorno da un attacco contro i Turchi
Esito Vittoria turca
Modifiche territoriali Perdita di Creta e ampliamento dei possedimenti in Dalmazia per Venezia

La Guerra di Candia (o "Quinta guerra veneto-ottomana") fu un conflitto combattuto tra la Repubblica di Venezia e i suoi alleati (tra i quali si possono ricordare i cavalieri di Malta, lo Stato della Chiesa e la Francia) e l’Impero ottomano che ebbe come posta in palio il possesso dell’isola di Creta (in veneziano chiamata Candia), il più grande e più ricco tra i possedimenti veneziani d’Oltremare.
La guerra durò dal 1645 al 1669 e fu combattuta non solo a Creta ma anche sul Mar Egeo. Anche la Dalmazia fu interessata dalle operazioni militari come teatro di guerra secondario.

Anche se la maggior parte di Creta fu conquistata dagli ottomani nei primi anni di guerra, la piazzaforte di Candia (la moderna Iraklion), la capitale dell’isola, resistette con successo.
Il suo prolungato assedio costrinse entrambe le parti a concentrarsi sull’invio di rifornimenti alle rispettive forze presenti sull’isola. Per i veneziani in particolare, l’unica speranza di vittoria contro un esercito ottomano ben più numeroso risiedeva nel costante flusso di rifornimenti che arrivavano nella piazzaforte assediata.
Ben presto la guerra si spostò anche sul mare dove si svolsero numerosi scontri navali tra le due marine e i loro alleati. Venezia era aiutata da diversi Stati europei, che, incitati dal papa che aveva rinfocolato un nuovo spirito di crociata, mandarono uomini, navi e rifornimenti "per difendere la cristianità". Durante tutto il conflitto Venezia mantenne la superiorità sui mari vincendo numerose battaglie navali ma il blocco dello stretto dei Dardanelli fu solo un parziale successo e la Serenissima non riuscì mai ad impedire completamente il rifornimento delle truppe turche presenti a Creta.
Dal canto loro gli ottomani furono rallentati nel loro sforzo bellico da problemi interni nonché dalle spedizioni militari che organizzarono a nord, in Transilvania, contro l’Impero asburgico.

Il conflitto stremò l’economia di Venezia che si basava in larga parte proprio sui commerci con l’Impero ottomano. Negli anni 60 del 1600, nonostante gli incessanti aiuti che provenivano dalle altre nazioni cristiane, l’esito della guerra apparve chiaro. Gli ottomani erano riusciti a gestire al meglio le proprie forze e sotto il comando della famiglia Köprülü, lanciarono una grande spedizione nel 1666 sotto la diretta supervisione del Gran Visir. Questa diede il via all’ultima, e forse più cruenta, fase dell’assedio di Candia.
La capitale cretese, dopo 22 anni d’assedio (fu forse l’assedio più lungo della storia) si arrese dopo un lungo negoziato che lasciò in mano turca l’intera isola.
Con il trattato di pace Venezia ottenne la possibilità di mantenere qualche fortezza su alcune isole a largo di Creta nonché delle piccole concessioni territoriali in Dalmazia.
Il desiderio di rivincita di Venezia porterà, dopo 15 anni ad una nuova guerra in Grecia che vedrà la Serenissima vincitrice. Creta tuttavia era ormai persa per sempre e sarebbe rimasta sotto controllo ottomano fino alla sua riunificazione con la Grecia avvenuta nel 1913.

 

Cause

Dopo la conquista di Cipro ad opera dell’impero ottomano durante la quinta guerra tra Venezia e la Sublime Porta (1570-1573), l’isola di Creta era l’ultimo dei grandi possedimenti d’oltremare di Venezia. La sua posizione strategica fece sì che divenne un obiettivo imprescindibile per la futura espansione ottomana, anche perché le sue dimensioni, il suo suolo fertile, nonché il cattivo stato delle sue fortificazioni, la rendevano molto più appetibile di Malta. Da parte veneziana vi era però una grande attenzione a non provocare gli Ottomani per non dar loro un pretesto per muovere alla conquista dell’isola. L’osservanza scrupolosa dei termini dell’ultimo trattato con l’Impero ottomano, riuscì a garantire oltre 60 anni di relazioni pacifiche. All’inizio del XVII secolo però le cose cominciarono a cambiare. La potenza veneziana era notevolmente diminuita e la sua economia, che aveva prosperato grazie al controllo delle rotte delle spezie verso l’Est, cominciava a soffrire pesantemente dell’apertura delle nuove rotte commerciali atlantiche, nonché della perdita di uno dei suoi importanti mercati, quello tedesco, a causa della Guerra dei Trent’anni. Inoltre la Repubblica si era trovata coinvolta in una serie di guerre nel Nord Italia, come quella di Mantova, ed era stata colpita da una epidemia di peste nel biennio 1629-1631. Le tensioni tra l’Impero ottomano e la Serenissima Repubblica cominciarono sempre più a deteriorarsi, come lo testimonia l’episodio del 1638 in cui una flotta veneziana attaccò e distrusse una flotta di pirati barbareschi che aveva trovato protezione nel porto ottomano di Valona, bombardando anche la cittadina. Il sultano Murad IV si infuriò: ordinò di giustiziare tutti i veneziani presenti nell’impero e decise di porre un embargo sui commerci con Venezia. poiché però gli ottomani erano ancora impegnati in una guerra contro i Persiani, la situazione fu risolta con il pagamento da parte di Venezia di una forte indennità.

Un episodio simile, che ebbe luogo nel 1644, ebbe però un epilogo molto differente: il 28 settembre, alcune galee dei cavalierini malta attaccarono un convoglio in navigazione tra Costantinopoli e Alessandria d’Egitto, con a bordo molti pellegrini in viaggio per la Mecca, tra i quali il Kizlar Aga (capo degli eunuchi neri) Sunbul Aga, il qadi del Cairo e precettore del futuro sultano Maometto IV. Durante il combattimento Sunbul Aga e molti altri pellegrini importanti furono uccisi, mentre 350 uomini e 30 donne furono catturati per essere venduti come schiavi. I cavalieri li trasportarono su un’imbarcazione che sostò poi molti giorni in un piccolo approdo sulla costa meridionale di Creta, dove furono sbarcati alcuni marinai e schiavi. Gli ottomani reagirono con rabbia, e la porta accusò i veneziani di collusione coi cavalieri anche se i veneziani negarono in maniera veemente.

Per il partito falchi che in quel momento era il più influente nella corte ottomana, l’incidente fu visto come un perfetto casus belli per dichiarare guerra a Venezia. Nonostante un lungo periodo di negoziati, l’ultimo dei quali ebbe luogo nel 1645, e contro il parere del gran Visir Sultanzade Mehmed Pasha, la guerra fu dichiarata. Fu rapidamente allestita una spedizione che contava oltre 50.000 uomini e 416 navi sotto il comando del Kapudan Pasha Silahdar Yusuf, genero del sultano. L’armata ottomana attraverso i Dardanelli il 30 Aprile per far rotta verso il porto di Navarino nel Peloponneso, dove sostò per 3 settimane. La destinazione della flotta non era stata annunciata e gli ottomani, per non impensierire troppo i veneziani, fecero circolare al voce che fosse Malta.

Il conflitto

Rappresentazione del 1651 raffigurante Candia protetta dal Leone di San Marco.

La Sublime Porta radunò un’armata di 60.000 uomini al comando di Yussuf Pasha apparentemente per condurre una spedizione punitiva su Malta, ma, anziché dirigersi sull’isola dei cavalieri, con orrore dei Veneziani la flotta turca si presentò nel 1645 davanti al porto de La Canea, roccaforte di Creta. Non sospettando minacce e avendo a lungo Venezia perseguito una politica di non rafforzamento militare per non rischiare di dare motivo di guerra ai Turchi, le fortificazioni dell’isola erano malridotte e le truppe non erano mobilitate, riducendosi alle sole guarnigioni di stanza.

La Canea e Rettimo vennero occupate in soli due mesi, così come la fortezza di La Suda, mentre i Turchi procedono alla progressiva occupazione della restante parte dell’isola.

La risposta di Venezia non tarda ad arrivare e nel 1646 una squadra navale batte i Turchi nei pressi di Negroponte, ma nel 1648 ormai l’intera Creta poteva dirsi in mano turca, ad eccezione della capitale Candia, che sola resisteva, dall’anno precedente, all’assedio turco.

Il 12 maggio 1649 le 19 navi di Giacomo Riva sconfiggono una squadra di ben 93 navi turche nei pressi di Smirne.

Il 10 luglio 1651 i Turchi sono nuovamente battuti nelle acque di Paro dalle flotte di Tommaso e Lazzaro Mocenigo.

Ancora scontri navali si hanno ripetutamente nel 1654, nel 1655 e nel 1656, quando, all’apice della guerra di Candia, la flotta di Lazzaro Mocenigo, annientata il 21 giugno quella ottomana, riesce a forzare con una squadra guidata da Lorenzo Marcello lo stretto dei Dardanelli arrivando a minacciare il 26 agosto, sotto una pioggia di fuoco, la stessa Istanbul. Il Marcello condusse tale impresa a prezzo della stessa vita.
Nel 1657 è la volta per Chio di assistere ad una vittoria della Serenissima, ma la lotta si fa comunque sempre più impari tra la repubblica marinara e le immense risorse dell’impero orientale. Tra il 17 e il 19 luglio Venezia è battuta sul mare in uno scontro in cui lo stesso ammiraglio Lazzaro Mocenigo perde la vita.

La firma, il 7 novembre 1659, del Trattato dei Pirenei per la pace tra Francia e Spagna, fornisce a Venezia la possibilità di ricevere nuovi aiuti dall’Occidente. Nel 1661 la flotta di Venezia vince nelle acque di Milo e per l’Impero Ottomano si fa oramai sempre più prioritario porre fine a quell’estenuante conflitto.
Nell’agosto del 1664, con la firma della Pace di Vasvár, i Turchi disimpegnano ulteriori forze da gettare nella mischia del conflitto con Venezia.

Nel 1666 fallisce una spedizione per tentare di riconquistare La Canea e nel 1667 il Gran Visir in persona giunge a Candia per condurre le operazioni militari di un assedio che dura oramai ininterrottamente da 19 anni.

Nella città assediata accorrono ormai contingenti di volontari da tutt’Europa per concorrere alla difesa di quello che ai loro occhi è l’ultimo lembo della Cristianità in Oriente. La città è però allo stremo, completamente distrutta e spopolata, resiste ad un continuo stillicidio di bombardamenti, attacchi, contrattacchi ed esplosioni di mine. Il 5 settembre 1669 Candia firma la resa e i suoi difensori ottengono l’onore delle armi.

La pace

Il trattato di pace tra Venezia e La Sublime Porta è firmato due anni dopo la perdita di Candia, nel 1671, sancendo per i Veneziani la definitiva perdita di Creta, loro più antica, grande e prospera colonia, nella quale viene loro concesso di conservare le sole isole-fortezza di Gambusa, La Suda e Spinalonga, a protezione dei porti naturali nei quali le navi veneziane possono trovare rifugio lungo le rotte per l’Oriente. Inoltre, fu concesso alla Serenissima di conservare l’isola di Zante dietro il pagamento di un indennizzo di circa 1500 ducati l’anno.

La pace fissò la frontiera veneto-turca in una fascia adriatica pressappoco comprendente il territorio dal canale della Morlacca a Vrana, Sebenico, Traù e Almissa.[1]

Solo i domini veneziani in Dalmazia risultarono ampliati alla fine della guerra (Acquisto Vecchio), ben magra compensazione per la perdita dell’impero coloniale.