Padre DOMENICO Brunacci (1616-1695)

Padre Domenico Brunacci (gesuita)
31.3.1616 – 17.2.1695
Il 15 aprile 2004, nella Biblioteca Nazionale di Roma a Castro Pretorio, trovo per caso, nella sezione “Autografi”, due lettere che riguardano Padre Domenico Brunacci della Compagnia Societatis Jesu.
Nella lettera contrassegnata A.25.7 e datata 23.6.1674, Padre Domenico Brunacci chiama a Roma Padre Buonanni Filippo di Ancona per un lavoro di archivio.
Nella lettera, con tanto di sigillo, contrassegnata A.16/65 e datata 8.2.1693, il Preposito Generale della Compagnia, Padre Tirso Gonzales, dà il permesso a Padre Domenico Brunacci di pubblicare e stampare l’opera “Esame sopra i consigli del cuore”. Pubblicazione che, però, non riesco a trovare.
Così, dopo aver avuto nella “famiglia Brunacci” un “domenicano” (Padre Nicola di Santa Maria Novella a Firenze), ora scopriamo di aver avuto anche un “gesuita”.
Nell’archivio della Compagnia di Gesù, in via Borgo S.Spirito n. 8 a Roma, trovo la scheda bibliografica di Domenico Brunacci.
Padre Domenico Brunacci è un antenato diretto di Ercole Consalvi Brunacci. Egli nacque a Viterbo il 31 marzo del 1616 e morì appena 63 anni prima della nascita del futuro Cardinale.
Un curriculum di tutto rispetto: Padre Domenico ha studiato nel Collegio Romano, in quello Viterbese e nel Collegio Germanico di Roma, dove ha anche insegnato e di cui è stato anche Rettore. Nel 1658 è stato anche Rettore nel Collegio di Macerata, fu Maestro dei Novizi a Palermo, Provinciale di Roma (1674-7) e di Venezia (1679).
Muore a Roma il 17 febbraio 1695 e, nelle note della sua vita, si afferma che, avendo egli ereditato una cospicua fortuna dal padre, la lascia interamente in eredità alla Compagnia di Gesù.
Da questa veloce ricerca, sembra che Padre Domenico Brunacci abbia soltanto insegnato e che, quindi, non sia appartenuto alla categoria dei giudici dell’Inquisizione. Sarà vero?

Grazie a Google-Libri, ho trovato
una pubblicazione del 1857, in cui vengono pubblicate lettere inedite di Padre Paolo Segneri inviate al Granduca Cosimo III.

In esse viene citato più volte Padre Domenico Brunacci di Viterbo (ed anche Padre Buonanni). Molto interessante è, nella lettera n. 156 datata 7 maggio 1689, che l’inverno non finiva mai (faceva molto freddo) e che le montagne erano ancora cariche di neve.
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LETTERE INEDITE DI PADRE PAOLO SEGNERI
AL GRANDUCA COSIMO III
FIRENZE
FELICE LE MONNIER
1857
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117.
Serenissimo Gran Duca.
Mi è da Roma giunta la nota di quelle proposizioni che si desiderava presentarsi al sacro Tribunale da Monsignor Arcivescovo di Pisa sotto l’ombra di V. A. S. e del signor Cardinale de’ Medici, per ottenerne la qualificazione a pubblico ammaestramento in queste gran difficultà che or vi sono su l’orazione. Ma io dubito che Monsignor Arcivescovo prima di andare a Roma non verrà qua: onde su tali proposizioni non mi sarà possibile dargli veruna luce, come pur sarebbe di espressa necessità. Propongo però a V. A. S., se le par bene, non solo raccomandare a detto Prelato con ogni caldezza si retto affare, ma di più dirgli, che in Roma si contentasse udire i nostri Padri Domenico Brunacci e Giuseppe Agnelli, che con dargli la nota debita, gli aggiugneranno in voce quanto è di dovere per saper come regolarsi. La nota è lunga, mentre contiene più di dugento proposizioni o non buone o sospette: però fra tante occupazioni in cui V. A. S. si ritruova, stimo superfluo il mandarla. Se la vorrà, sarà qui a qualunque suo cenno. Ed io frattanto con umilissimo ossequio la riverisco.
Firenze, il di 15 di febbraio 1687.

118.
Serenissimo Gran Duca.
Questa sera trasmetto al Padre Brunacci i libri della Bourignon tanto benignamente fattimi da V. A. S. ricapitare con la sua pregiatissima sotto i 26 del caduto, e gli chieggo se ne vuole altri. Ma ben gli aggiungo, che se non è per qualche effetto di considerazione mi par superfluo, attesa la lunga nota che egli medesimo dovrà vedere ivi annessa. Frattanto resto a V. A. obbligalissimo di bontà tanto segnalata.
Ma più obbligato parimente le resto per le notizie le quali si è degnata di confidarmi su ciò che spetta ai Quietisti. Certamente che molto avremo da benedire il Signore se si venga un di a capo di tanta causa. Avendo io fatto presentare al Padre Commessario del Santo Offizio il Cristiano istruito, dal Padre Filippo Bonanni, egli prima mi mandò per mezzo di detto Padre quelle ambasciale che V. A. S. potrà vedere in una delle aggiunte, e poi mi ha scritto da sè con quella bontà che vedrà in un’altra. Ho giudicato l’una e l’altra trasmettere a V. A. per quell’amore, che fuori di ogni mio merito si è inchinata a voler mostrarmi.
Jer mattina poi col Corrier di Lione capitò la copia della lettera circolare, che è come il tuono precedente a quei fulmini che V. A. S. mi ha accennati. E’ facilissimo che a V. A. sia molto più arrivata già da altra parte. Tuttavia per qualunque effetto non voglio tralasciar di mandarla subito.
Resta a vedere se, posto ciò, rimanga a fare altro ufficio col signor Principe Cardinale, e con Monsignor Arcivescovo di Pisa, per dar calore alla qualificazione di quelle proposizioni che dovean presentarsi al Sacro Tribunale. Io crederei che tuttavia si potesse far sotto condizione, cioè in caso che occorra. Perchè quantunque molte proposizioni usciran censurate, come V. A. vedrà dalla lettera del Padre Bonanni, sarà tuttavia difficile che sian tutte.
Io poi resto confuso alla degnazione con cui V. A. S. riguarda la mia bassezza. Per non si aggravar di maggiore incomodo fra tante occupazioni che ella ha in Livorno, può dal signor Bassetti farmi rendere le mie due, se cosi giudica, e con profondissimo ossequio la riverisco.
Firenze, il di 1 di marzo 1687.
 
120.
Serenissimo Gran Duca.
Debbo con questa accusare a V. A. S. il suo pregiatissimo foglio sotto i 5 con l’altro libro della Bourignon che subito farò avere al Padre Brunacci. Resta solo che V. A. S. non s’incomodi a farne venir di più, se il servizio divino non portasse che di più non avessi da supplicarla. E con profondissimo ossequio la riverisco.
Firenze, il di 8 di marzo 1687.
122.
Serenissimo Gran Duca.
Io sono contumace presso di V. A. S. per non averle accusalo prima d’ora il suo pregiatissimo foglio sotto i 24, con l’altro volumetto annessovi della solita Bourignon. Ma un parere, richiestomi da Roma intorno alle cose occorrenti, mi ha tenuto cosi occupato fino al partir delle lettere di jersera, che non ho potuto soddisfare innanzi al mio debito. Io dunque ringrazio nuovamente V. A. S. e le aggiungo avermi scritto il Padre Brunacci, che quel volume avanti a questo, che fu l’ultimo a lui trasmesso, era quello appunto che più si desiderava. Onde tanto più V. A. ha da desistere dal farne venir più altri. Nel resto si avvicina il tempo della partenza, che non può stendersi oltre alla domenica, o al più il lunedì in Albis. Sto con la fiducia di averla innanzi a rivedere e a riverire, e ricevere i suoi comandi e consigli: e con pregarle dal cielo in questi santi giorni ogni vera consolazione, profondissimamente la riverisco.
Firenze, il di 30 di marzo 1687.
123.
Serenissimo Gran Duca.
Questa mattina abbiamo eletto i nostri due Vocali per la Congregazione Generale, che col favor divino sono riusciti di piena soddisfazione. Il primo è stato il Padre Domenico Brunacci al primo scrutinio con 37 voti, cioè con sette oltre al bisogno. Il secondo è stato il Padre Niccolò Maria con 30 appunto, quanti erano necessarii a superare la metà de’ Vocali. Per sustituti hanno eletti il Padre Curzio Serzi, e il Padre Agnelli e me. Ma di questi si fa poco caso rispetto agli altri.
In questi giorni succeduti al mio arrivo, che fu domenica, sono stato due volte per riverire il signor Cardinale, ma non mi è ancora riuscito trovarlo in casa. Ho bensì veduto il palazzo tanto bene addobbato, che non può esprimersi. Spira da per tutto magnificenza e maestà, senza minima specie di pompa vana.
Domattina, a Dio piacendo, sarò a San Pietro per celebrare la Messa da V. A. desiderata ai corpi de’ Santi Apostoli. Poi, se Dio vuole, soddisfarò agli altri debili parimente. Frattanto non avendo altro che raffermare all’A.V. il mio consueto ossequio, profondissimamente la riverisco.
Roma, il di 19 di aprile 1687.
125.
Serenissimo Gran Duca.
Godo di poter dare a V. A. S. migliori nuove intorno alla persona del signor Cardinale Rospigliosi, il quale fu benedetto dal Padre Rrunacci con la Reliquia di San Francesco Saverio, e d’allora in qua sempre è ito migliorando, tanto che jeri già stavasi senza febbre. Non è però che la sua complessione non sia ita assai declinando. Io non ho mancato di fargli penetrare i benignissimi sensi di V. A. S., verso la persona di lui e della sua casa, che al certo lo dovranno avere assai consolato.
Mia determinazione era di partirmi dimattina verso Firenze. Ma il signor Cardinale Nerli ha bramato che io tutto dimani mi trattenga con esso lui, volendomi però fino a desinare con lui medesimo: che però ho differito a partir lunedì mattina. Ne do a V. A. S. questo cenno, come è mio debito, mentre senza più con profondissimo ossequio la riverisco.
Roma, il di 3 di maggio 1687.
156.
Serenissimo Gran Duca.
Si vede che il Signore tratta V. A. S. da suo specialissimo amico, mentre non manca di darle sempre nuove occasioni di patire, e cosi di provare la sua costanza. Però si faccia animo grande, perchè ricchissima sarà poi la corona. Non è però chi assai non la compatisca, mentre i travagli domestici che mi accenna, sono per l’A.V. i sensibili più di tutti. Io non mancherò di supplicare il Signore che le dia lume da regolarsi. Comunemente quando i rimedii di una sorte son vani per una cura, si sogliono provare alquanto i contrarii. Frattanto la ringrazio umilissimamente di quelle orazioni, che a quest’ora avrà per noi fatte fare nell’Ambrogiana. E di verità ne abbiamo special bisogno per le speciali fatiche che porta seco la qualità di questo paese, massimamente in questa intemperie di tempi che corrono ora qui freddi come di verno, tanta è la neve di cui le montagne d’intorno son tutte cariche. Godo che il Padre Alamanni abbia fatte si bene le parti sue in servizio di V. A. Il Padre Brunacci mi scrive l’annessa lettera proponendo al pulpito di San Lorenzo il signor canonico Bellanti suddito di V. A. S. Io solamente posso attestarle che in Roma questa, quaresima lo udii lodare da tutti. E nel rimanente il dare animo a cotesti che l’A.V. ha nel suo Stato, può essere di profitto. Rimetto nondimeno il tutto alla sua prudenza, e con profondissimo ossequio la riverisco.
Dalle Missioni di Fermo, il dì 7 di maggio 1689.


Ho trovato (febbraio 2011) una sua lettera anche in Germania presso l’archivio di Munster (Landesarchiv Nordrhein-Westfalen, Bohlweg 2, 48147 Muenster).
Solo che la lettera è scritta in latino e, quindi, vedrò di rivolgermi a qualcuno che possa darmi la traduzione, anche approssimativa.

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