1914 – Lettera del fratello Bruno ad un giornale

Lettera del prof. Bruno Brunacci al Direttore del "Giornale d’Italia".
Settembre 1914.
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Signor Direttore,
Nel numero di oggi del "Giornale d’Italia" trovansi alcune mancanze ed inesattezze relativamente alla tragica ed eroica morte dei due tenenti (e non sottotenenti) d’artiglieria da montagna, Brunacci Francesco e De Virgiliis Alfredo, che in omaggio alla verità ed alla memoria dei due prodi mi interessa rettificare.
Secondo l’ultima lettera, inviatami da Gheriat dal mio povero fratello Francesco, la quale aveva la data del timbro postale del Garian del 29 agosto u.s., la carovana della quale essi facevano parte  -quali unici ufficiali- aveva l’esigua scorta di soli nove ascari eritrei; ed egli appunto mi scriveva che dato il fatto noto della presenza nella Ghibla di bande di predoni che non avevano mai voluto fare atto di sottomissione, e dato l’incarico loro affidato di portare con sè -approfittando della loro andata al Fezzan per trasferimento- il carico in oro  ed argento di 300 mila lire, tale scorta esigua li avrebbe sicuramente esposti al pericolo di dover cedere al numero soverchiante se i predoni avessero saputo del loro passaggio.
Che del resto fosse nota la poca sicurezza della via da percorrere si rileva dalla lettera stessa del mio povero fratello, la quale diceva che egli ed il suo collega erano appunto "fermi a Gheriat da circa dieci giorni per ordine del Governo dal quale attendevano il lascia passare".
Ora io e tutti dobbiamo domandare: perchè fu avventurata una carovana così esigua (del carico di vettovaglie ed altro, nella lettera di mio fratello non si parla affatto), con un carico così prezioso, in una zona "notoriamente" infestata da predoni (tanto che fu fermata a Gheriat per questo motivo), assegnando ad essa una "scorta tanto irrisoria di soli nove ascari eritrei"?
Domanda ben tragica e dolorosa per chi come noi piange di un dolore disperato, ed alla quale purtroppo non può darsi risposta che valga a lenirlo; ma che pure è doveroso fare per quell’amore di Patria che ora più che mai ognuno deve sentire e che faceva tracciare al mio povero fratello queste ultime frasi: "credi che ciò che mi rammarica molto in questo messaggio è di dover restare quaggiù mentre il mio reggimento sarà uno dei primi ad accorrere alla frontiera! Ma se vi sarà mobilitazione farò di tutto per ritornare!"
La prego signor Direttore, di voler pubblicare questa mia dolente rettifica e gradire i sensi della mia devozione.
Suo dev.mo: Prof. Bruno Brunacci,
libero docente di Fisiologia
nella R. Università di Roma
N.B.
Ecco un breve cenno biografico del Tenente Brunacci Francesco:
Tenente del 1. reggimento artiglieria da montagna, di anni 31, era nato a Potenza Picena nelle Marche, da Cesare ed Anna Bocci. Fece parte -dietro sua domanda- della prima spedizione libica, essendo inviato in Tripolitania nei primi di novembre del 1911. Combattè nell’oasi di Tripoli, ad Henni, ad Ain-Zara, nella 1. e 2. battaglia di Zanzur, ed a Gargaresh, ottenendo l’encomio solenne al suo valore. Ritornato in Patria dopo la conclusione della pace con la Turchia, risentì ben presto la nostalgia della vita guerresca e domandò ed ottenne di essere rinviato in Libia. Era in Tripolitania dal 2 febbraio u.s. ed ora era avviato al Fezzan a raggiungere la colonna Miani.